Ricorso  ex  art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei  Portoghesi
n. 12, e' domiciliato, contro la Regione Campania in persona del  suo
Presidente pro  tempore  per  la  declaratoria  della  illegittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 2, e dell'art. 4, comma 1,  lettera
e) della legge Regione Campania n. 19 del 22 giugno 2017 - Misure  di
semplificazione e linee guida di supporto ai  comuni  in  materia  di
governo del territorio (BUR  n.  50  del  22  giugno  2017)  come  da
delibera del Consiglio dei ministri in data 7 agosto 2017. 
    La  legge  regionale  in  esame,   che   introduce   «Misure   di
semplificazione e linee guida di supporto ai  comuni  in  materia  di
governo del territorio», contiene, all'art. 2, comma 2 e all'art.  4,
comma  1,  lettera  e),  previsioni  che  eccedono  dalle  competenze
regionali. 
    In particolare, trattandosi  di  nonne  preordinate  alla  tutela
dell'ambiente, esse violano l'art. 117, comma  2,  lettera  s)  della
Costituzione; inoltre la disciplina recata dall'intervento  regionale
all'esame,  disattendendo  i  principi  fondamentali  in  materia  di
«governo del territorio» contenuti nel decreto del  Presidente  della
Repubblica n. 380/2001, eccede l'ambito  dei  poteri  riservati  alla
regione in materia di legislazione concorrente,  ai  sensi  dell'art.
117, comma 3, della Costituzione. Con il presente atto, si impugna la
normativa regionale  affinche'  ne  sia  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale,  con  conseguente  annullamento,  sulla  base   delle
seguenti considerazioni in diritto. 
Art. 2, comma 2 della legge Regione Campania  n.  19  del  22  giugno
2017. 
    1. Occorre, innanzitutto,  esaminare  la  disposizione  regionale
oggetto di impugnazione. 
    L'art. 2, intitolato «Linee guida per le misure alternative  alle
demolizioni di immobili abusivi», prevede, al  comma  2  che:  «Ferma
restando l'autonoma valutazione dei consigli comunali  sull'esistenza
di  prevalenti  interessi  pubblici  rispetto   alla   procedura   di
demolizione dei beni acquisiti  al  patrimonio  comunale,  i  comuni,
nell'ambito delle proprie competenze, possono avvalersi  delle  linee
guida di cui al presente articolo per approvare, in conformita' e nel
rispetto  della  normativa  nazionale  vigente   in   materia,   atti
regolamentari e d'indirizzo riguardanti: 
        a) i parametri  e  i  criteri  generali  di  valutazione  del
prevalente in eresse pubblico rispetto alla demolizione; 
        b) i criteri per la valutazione del non contrasto  dell'opera
con  rilevanti  interessi  urbanistici,  ambientali  o  di   rispetto
dell'assetto idrogeologico; 
        c)  regolamentazione  della  locazione  e  alienazione  degli
immobili  acquisiti  al  patrimonio   comunale   per   inottemperanza
all'ordine di demolizione, anche con preferenza per gli occupanti per
necessita'  al  fine  di  garantire   un   alloggio   adeguato   alla
composizione del relativo nucleo familiare; 
        d) i criteri di determinazione del canone di locazione e  del
prezzo di alienazione ad onerosita' differenziata  fra  le  superfici
adeguate alla composizione del nucleo familiare e quelle in eventuale
eccedenza; 
        e) i criteri di determinazione  del  possesso  del  requisito
soggettivo di occupante per necessita',  anche  per  quanto  riferito
alla data di occupazione dell'alloggio; 
        f) i criteri di  determinazione  del  limite  di  adeguatezza
dell'alloggio alla composizione del nucleo familiare; 
        g) le modalita' di accertamento degli elementi  di  cui  alle
lettere e), f) e del possesso dei requisiti morali  di  cui  all'art.
71, comma 1, lettere a), b), e), f) del decreto legislativo 26  marzo
2010; 
        h) le modalita' di comunicazione  delle  delibere  consiliari
approvate ai sensi dell'art. 31, comma 5 del decreto  del  Presidente
della Repubblica n.  380/2001  all'autorita'  giudiziaria  che  abbia
ordinato, per gli stessi immobili la demolizione ai  sensi  dell'art.
31, comma 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001». 
    L'art. 2, comma 2  della  legge  regionale  n.  19/2017  prevede,
dunque, che, sulla base di linee guida emanate dalla giunta regionale
concernenti misure alternative alla demolizione di immobili  abusivi,
i comuni  adottano  atti  regolamentari  e  di  indirizzo  nei  quali
definiscono, da un  lato  «i  parametri  ed  i  criteri  generali  di
valutazione  del  prevalente   interesse   pubblico   rispetto   alla
demolizione»  (comma  2,  lettera  a),  nonche'  «i  criteri  per  la
valutazione del non  contrasto  dell'opera  con  rilevanti  interessi
urbanistici, ambientali o  di  rispetto  dell'assetto  idrogeologico»
(comma 2, lettera b) e, dall'altro lato, «la  regolamentazione  della
locazione  e  alienazione  degli  immobili  acquisiti  al  patrimonio
comunale per inottemperanza  all'ordine  di  demolizione,  anche  con
preferenza per gli occupanti per necessita' ...»  (comma  2,  lettera
c), indicando, quindi, alle successive lettere da d) ad h) i  criteri
di assegnazione dell'alloggio. 
    1.1. Prima di affrontare i profili di  incostituzionalita'  delle
disposizioni  impugnate,  non  puo'  prescindersi  dall'esaminare  le
previsioni di cui  all'art.  31  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 6 giugno 2001, n.  380,  Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia di edilizia, il cui comma 5 e'
espressamente richiamato dalla legge regionale. 
    In particolare,  l'art.  31  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 380 del 2001, dopo avere definito, al primo  comma,  la
tipologia  degli  «interventi  eseguiti  in  totale  difformita'  dal
permesso di costruire», dispone, al comma 2,  che  l'amministrazione,
accertata  illegittimita'  delle  opere  in   parola,   ingiunge   al
proprietario  ed  al  responsabile  dell'abuso  la  rimozione  o   la
demolizione;  il  successivo  comma  3  della  medesima  disposizione
stabilisce che, se l'ordine non viene eseguito,  l'opera  abusiva  e'
acquisita  «di  diritto  gratuitamente  al  patrimonio  del  comune»;
l'accertamento   dell'inottemperanza   all'ingiunzione   a   demolire
costituisce, ai sensi dell'art. 2, comma 4 dell'art. 31, decreto  del
Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, «Titolo per l'immissione
nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari». 
    Ai commi 4-bis, 4-ter vengono, quindi, indicati gli importi delle
sanzioni pecuniarie da irrogare, sui cui limiti possono  intervenire,
ai sensi del comma 4-quater, anche le  regioni  a  statuto  ordinario
(ferme restando le competenze delle  regioni  a  statuto  speciale  e
delle province autonome di Trento e di Bolzano). 
    Sempre nell'ottica  della  previsione  di  misure  di  ripristino
dell'ordine urbanistico violato, il comma 6 dell'art. 31 decreto  del
Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 stabilisce che  «Per  gli
interventi abusivamente eseguiti su terreni  sottoposti,  in  base  a
leggi  statali   o   regionale   a   vincolo   di   inedificabilita',
l'acquisizione gratuita nel caso di inottemperanza all'ingiunzione di
demolizione si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui
compete   la   vigilanza   sull'osservanza    del    vincolo.    Tali
amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al
ripristino  dello  stato  dei  luoghi  a   spese   dei   responsabili
dell'abuso. Nella ipotesi di concorso dei vincoli, l'acquisizione  si
verifica a favore del patrimonio del comune». 
    In tale contesto normativo, si inserisce la  norma  contenuta  al
comma 5 dell'art. 31 decreto del Presidente della Repubblica  n.  380
del 2001, espressamente richiamata nella legge regionale all'esame  a
fondamento dell'adozione della disciplina recante linee guida per  Ie
«Misure alternative alle demolizioni di immobili», che cosi' dispone:
«l'opera acquisita e' demolita con  ordinanza  del  dirigente  o  del
responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili
dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare  non  si  dichiari
l'esigenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera  non
contrasti  con  rilevanti  interessi  urbanistici,  ambientali  o  di
rispetto dell'assetto idrogeologico». 
    In sostanza, la possibilita' di non  procedere  alla  demolizione
dell'opera viene consentita, dal testo unico in materia di  edilizia,
in via del tutto eccezionale ed in deroga alla  doverosa  conclusione
demolitoria  delineata  dal  legislatore  statale  con  riguardo   ad
«interventi  eseguiti  in  totale   difformita'   dal   permesso   di
costruire». E' dunque, questa, un'ipotesi  ammessa  nei  soli  limiti
espressamente   indicati   dalla   normativa   statale,   posto   che
l'acquisizione al patrimonio del  comune  dell'immobile  abusivo  non
demolito e della sua area di sedime si  atteggia  come  una  sanzione
impropria, preordinata principalmente alla demolizione dello  stesso,
come e' reso evidente dall'esame dell'art. 31 decreto del  Presidente
della Repubblica n. 380 del 2001. 
    E'  stato,  del  resto,  piu'  volte  chiarito  che  la  sanzione
amministrativa della demolizione costituisce attivita' vincolata  che
mira a ristabilire la legalita',  oggettivamente  violata  dalla  res
abusiva, mediante il ripristino della situazione di fatto conforme  a
quella codificata nella normativa urbanistica ed edilizia (Cons.  St.
sez. VI, n. 1667/2017; id., 2378/2017). 
    2. In relazione a quanto precede, l'art. 2, comma 2  della  legge
regionale all'esame e' costituzionalmente illegittimo  perche'  viola
l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione, che  affida  allo
Stato il compito di garantire la tutela dell'ambiente. 
    Ed infatti, la citata disposizione regionale, oltre a  prevedere,
all'anzidetta lettera c), i criteri e le  modalita'  di  locazione  e
alienazione degli immobili acquisiti al patrimonio comunale in quanto
non demoliti per mancata ottemperanza all'ordine demolitorio,  sembra
prefigurare,  anche  alla  luce  delle  previsioni  contenute   nelle
successive lettere da d) ad h) del medesimo comma  2,  una  sorta  di
prelazione  nell'assegnazione  o  nell'alienazione   degli   immobili
acquisiti dagli stessi occupanti, anche nel caso in  cui  i  medesimi
occupanti  siano  stati  anche  gli  autori  dell'illecito   edilizio
sanzionato con la demolizione. 
    L'accorpamento  di  argomenti  assolutamente  eterogenei  tra   i
contenuti degli atti  di  indirizzo  comunali  previsti  alle  citate
lettere a), b) e c) induce a ritenere  che  la  mancata  ottemperanza
all'ordine di demolizione e la conseguente acquisizione al patrimonio
comunale determinino il  venir  meno  della  pretesa  demolitoria,  a
prescindere dalle necessarie valutazioni di cui all'art. 31, comma  5
decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001. 
    In una parola, alla puntuale disciplina prevista dal testo  unico
in materia edilizia per gli interventi abusivi, in ordine ai quali la
demolizione,  una  volta  acquisita   al   patrimonio   del   comune,
costituisce  la  doverosa  risposta   sanzionatoria   per   reprimere
l'illecito, salve le ipotesi di cui al citato comma 5  dell'art.  31,
decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del  2001  («esistenza
di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera  non  contrasti
con  rilevanti  interessi  urbanistici,  ambientali  o  di   rispetto
dell'assetto idrogeologico») con la legge regionale all'esame  si  ha
che il bene, una volta acquisito al patrimonio  comunale,  non  viene
demolito, ma assegnato, sulla base di una  apposita  procedura,  agli
stessi occupanti, a prescindere che questi  siano  anche  gli  autori
dell'illecito e senza l'effettiva  verifica  sulla  ricorrenza  delle
circostanze previste, solo in via eccezionale, nel  citato  art.  31,
comma 5 testo unico. 
    In tal modo, la norma incide, sminuendone la portata deterrente e
repressiva,  sulle  norme  statali  poste  a  tutela   dell'ambiente,
violando la competenza esclusiva  statale,  ex  art.  117,  comma  2,
lettera s) della Costituzione. 
    Peraltro, occorre considerare che l'art. 2, comma 2  della  legge
regionale all'esame,  nella  parte  relativa  alla  «Regolamentazione
della locazione e alienazione degli immobili acquisiti al  patrimonio
comunale per inottemperanza  all'ordine  di  demolizione,  anche  con
preferenza per gli occupanti per necessita' ...» di cui alla  lettera
c) ed i successivi «Criteri di determinazione del canone di locazione
e del prezzo di alienazione» di cui alla successiva  lettera  d)  nei
confronti di tali destinatari, realizza, nella sostanza,  un  effetto
analogo a quello di un «Condono edilizio  straordinario»,  in  quanto
consente che immobili abusivi siano «regolarizzati» e assegnati  agli
autori degli abusi stessi. 
    E sulla possibilita', per la regione, di  disporre  autonomamente
una sanatoria straordinaria si e' gia' espressa codesta ecc.ma  Corte
costituzionale, che, con sentenza n. 233 del 2015, ha  chiarito  che,
«in tema  di  condono  edilizio  "straordinario"  ...  spettano  alla
legislazione statale, oltre  ai  profili  penalistici  (integralmente
sottratti al legislatore regionale: sentenze n. 49 del  2006,  n.  70
del 2005 e n. 196 del 2004), le  scelte  di  principio  sul  versante
della  sanatoria  amministrativa,  in  particolare  quelle   relative
all'an,  al  quando  e  al  quantum:  decisione  sul   se   disporre,
nell'intero territorio nazionale, un condono straordinario e, quindi,
la previsione di un titolo abilitativo edilizio straordinario; quella
relativa all'ambito temporale di efficacia  della  sanatoria;  infine
l'individuazione delle volumetrie massime condonabili  (nello  stesso
senso sentenze n. 225 del 2012 e n. 70 del 2005). 
    Esula, infatti,  dalla  potesta'  legislativa  concorrente  delle
regioni, in particolare, il potere  "ampliare  i  limiti  applicativi
della sanatoria" (sentenza  n.  290  del  2009)  oppure,  ancora,  di
"allargare l'area del condono edilizio rispetto  a  quanto  stabilito
dalla legge dello Stato"  (sentenza  n.  117  del  2015).  A  maggior
ragione, esula dalla potesta'  legislativa  regionale  il  potere  di
disporre  autonomamente  una  sanatoria  straordinaria  per  il  solo
territorio regionale». 
    Il che e' proprio quello che, invece, si  verificherebbe  con  la
previsione regionale ora all'esame. 
    2.2. In ogni  caso,  la  disposizione  regionale  esorbita  dalla
competenza legislativa della regione di cui all'art. 117, terzo comma
della Costituzione. 
    E'  agevole  rilevare  che,  come  emerge  dalla  stessa  rubrica
dell'art. 2 della legge in esame, recante «Linee guida per le  misure
alternative alle demolizioni di immobili abusivi»,  l'intervento  del
legislatore della  Campania  si  colloca  nell'ambito  materiale  del
«Governo del territorio» (che comprende, in linea di principio, tutto
cio' che attiene all'uso del territorio  ed  alla  localizzazione  di
impianti o attivita': Corte cost. n.  307/2003)  e  che,  come  tale,
rientra  nella  potesta'  legislativa  concorrente  delle  regioni  a
statuto  ordinario,  ai  sensi  dell'art.  117,  terzo  comma   della
Costituzione, caratterizzato dal vincolo  al  rispetto  dei  principi
fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. 
    La disposizione regionale contrasta, quindi, anche con i principi
fondamentali contenuti nel testo unico in  materia  edilizia,  ed  ai
quali, a norma dell'art. 1 e dell'art. 2, commi 1 e  3  del  medesimo
decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 i legislatori
regionali devono attenersi. 
    In particolare, la disciplina recata dall'art. 31, commi  3  -  6
del medesimo decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  380/2001,
configura  l'acquisizione  al  patrimonio  del  comune  dell'immobile
abusivo come una sanzione impropria preordinata  principalmente  alla
demolizione dello stesso. 
    Viceversa, come si e'  gia'  rilevato,  la  mancata  ottemperanza
all'ordine di demolizione e la conseguente acquisizione al patrimonio
comunale dell'immobile abusivo  determinano,  secondo  la  previsione
regionale, un sostanziale venir meno  della  pretesa  demolitoria,  a
prescindere dalle valutazioni richieste dalla normativa  statale,  ex
art.  31,  comma  5,  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
380/2001, in ordine all'esistenza «di prevalenti interessi  pubblici»
alla conservazione  dell'opera  abusiva  e  all'accertamento  che  la
stessa  «non   contrasti   con   rilevanti   interessi   urbanistici,
ambientali, o del rispetto dell'assetto idrogeologico». 
    Inoltre, le  previsioni  regionali,  nella  parte  relativa  alla
«Regolamentazione  della  locazione  e  alienazione  degli   immobili
acquisiti al patrimonio comunale  per  inottemperanza  all'ordine  di
demolizione, anche con preferenza per gli  occupanti  per  necessita'
...»  di  cui  alla  lettera  c)  ed   i   successivi   «Criteri   di
determinazione del canone di locazione e del prezzo  di  alienazione»
di cui alla successiva lettera d) nei confronti di tali  destinatari,
producono, nella sostanza, un effetto analogo a quello di un «Condono
edilizio straordinario», in quanto si consente che  immobili  abusivi
siano «regolarizzati» e assegnati agli autori degli abusi stessi, con
evidente elusione dei limiti della potesta'  legislativa  concorrente
della Regione (Corte cost. n. 233/2015 cit.) 
    Ne',   peraltro,   potrebbe   ragionevolmente   sostenersi    che
l'applicabilita' della disciplina  statale  sulla  repressione  degli
abusi  edilizi  sia,  nella   sostanza,   subordinata   alla   previa
valutazione  discrezionale  dell'ufficio  comunale,  competente   per
territorio, in ordine alla sussistenza  di  un  perdurante  interesse
pubblico alla rimessione in  pristino  rispetto  all'affidamento  del
privato,  posto  che  l'interesse  di  quest'ultimo  al  mantenimento
dell'opera   abusiva   e'    necessariamente    recessivo    rispetto
all'interesse     pubblico     all'osservanza     della     normativa
urbanistico-edilizia ed al corretto  governo  del  territorio  (Corte
cost., n. 233 del 2015). 
    Cio'  perche'  l'esercizio  del  potere  repressivo  degli  abusi
edilizi    costituisce    attivita'    vincolata    della    pubblica
amministrazione,  non  soggetta  a  termini   di   decadenza   o   di
prescrizione (tant'e' che, ai fini dell'adozione delle  ordinanze  di
demolizione, non e' necessario l'invio della comunicazione  di  avvio
del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi  del
destinatario dell'atto: ex multis, Cons. St., sez.  VI,  n.  13/2015;
sez. IV, n. 734/14, sez. V, n. 3337/12 e n. 4764/11). 
    Per i motivi sin qui esposti, la norma impugnata e' in  contrasto
con l'art. 117, comma 3 Cost. 
Art. 4, comma 1, lettera e) della legge Regione Campania n. 19 del 22
giugno 2017. 
    1. L'art. 4 della legge regionale, a modifica dell'art. 44  della
legge regionale n. 16/2004, introduce, al comma 1, lettera  e),  dopo
il comma 4-bis dell'art. 44, il comma 4-ter, in base al  quale,  «nei
comuni sprovvisti  di  strumento  urbanistico  comunale,  nelle  more
dell'approvazione  del  Piano  urbanistico  comunale,   per   edifici
regolarmente  assentiti,   adibiti   ad   attivita'   manifatturiere,
industriali  e   artigianali,   sono   consentiti   ampliamenti   che
determinano un rapporto di copertura complessivo fino  a  un  massimo
del 60 per cento». 
    La norma contrasta con l'art. 9 del decreto del Presidente  della
Repubblica n. 380/2001, che limita, invece,  gli  interventi  edilizi
realizzabili in assenza di pianificazione generale e attuativa e  che
costituisce un principio  fondamentale  in  materia  di  governo  del
territorio. 
    2. La disposizione regionale,  dunque,  risultando  non  conforme
alla citata legislazione statale  di  settore,  presenta  profili  di
illegittimita' costituzionale con riferimento all'art. 117, comma  2,
lettera s) Cost. 
    E',  infatti  evidente  che  gli  ampliamenti  consentiti   dalla
disposizione  impugnata  introducono  un'indebita  estensione   della
potesta'  legislativa   regionale,   in   violazione   dell'anzidetto
parametro costituzionale, e sono idonei, tra  l'altro,  a  realizzare
una disparita' di trattamento di situazioni analoghe sul  territorio,
atteso che, cio' che e' stato escluso a livello nazionale  dal  testo
unico in materia  di  edilizia,  verrebbe,  con  la  norma  in  esame
consentito e previsto per la sola Regione Campania. 
    2.1. Peraltro, la medesima disposizione regionale contrasta con i
principi  fondamentali  contenuti  nel  testo  unico  in  materia  di
edilizia, di cui al decreto del Presidente della  Repubblica  n.  380
del 2001 (articoli 1 e 2, commi 1 e 3), cio' che consente di ritenere
la  normativa  censurabile,  in  quanto  eccede  dalla  sfera   della
competenza  regionale  concorrente  in  materia   di   «Governo   del
territorio». 
    In proposito, si osserva che, con la recente sentenza n.  84  del
2017, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha affermato che  i  limiti
di  edificabilita'  nelle  cosiddette  «zone   bianche»   extraurbane
previsti all'art. 9 del decreto del Presidente  della  Repubblica  n.
380  del  2001,  sono  funzionali  a   evitare   che   l'assenza   di
pianificazione  legittimi  uno   sviluppo   edilizio   incontrollato,
«Suscettibile  di  compromettere  I'ordinato  (futuro)  governo   del
territorio  e  di  determinare  la  totale  consumazione  del   suolo
nazionale, a garanzia di valori di chiaro rilievo  costituzionale»  e
che, quindi, la norma statale del testo unico di cui trattasi «ha  le
caratteristiche  intrinseche   del   principio   fondamentale   della
legislazione  statale  in  materia   di   governo   del   territorio,
coinvolgendo  anche  valori  di  rilievo  costituzionale   quali   il
paesaggio, l'ambiente e i beni culturali». 
    In questo ambito, gli standard  sono  limiti  minimi,  derogabili
dalle regioni solo nella direzione  dell'innalzamento  della  tutela,
onde evitare che, come rileva codesta ecc.ma Corte,  richiamando  sul
punto un precedente arresto del Consiglio di Stato  (sezione  IV,  n.
679/2009), «Eventuali legislatori  regionali,  prodighi  di  facolta'
edificatorie, finiscano con il frustrare la ratio della disciplina in
commento,  compromettendo  in  modo   tendenzialmente   irreversibile
interessi di rango costituzionale»: ragione per la  quale  «l'art.  9
individua un principio fondamentale della legislazione  statale  tale
da condizionare necessariamente quella regionale a regolare  solo  in
senso piu' restrittivo l'edificazione (Consiglio  di  Stato,  sezione
quarta, 12 marzo 2010, n. 1461)» (Corte cost. n. 84/2017 cit.)